La Fortuna della Fragilità

Roma

8 ottobre 2022 – 10 dicembre 2022

 

La Fortuna Della Fragilità nasce dal dialogo tra Marcela Calderón Andrade (Pasto, Colombia, 1991) e Tommaso Spazzini Villa (Milano, 1986), artisti che si interrogano su temi che spaziano dalla transitorietà, all’impossibilità di trovare una lettura univoca della realtà, dal fascino per il mutamento alla creatività della Natura.
Le opere di Marcela Calderón Andrade nascono dall’osservazione della complessità delle relazioni in natura, e sono spesso composte da elementi organici – come semi, foglie, membrana interna del guscio d’uovo – con cui crea lavori scultorei di insostenibile leggerezza.
Per questa esposizione l’artista colombiana ha scelto di esporre sette opere che fanno parte del suo progetto Enchura. Hongo guarda alla configurazione di un minuscolo fungo che si sviluppa nella buccia di alcuni frutti durante il processo di degradazione (Rhizopus stolonifer), riproducendone le fragilissime connessioni come un ingrandimento su un microcosmo che si rivela in scala architettonica. Círculo-Infinito, Churo-Espiral e Vibración-Onda, lavori parte della serie Vestigio, sono realizzati con le membrane interne dei gusci d’uovo – struttura protettrice di vita – che, dopo la rottura sono in grado di ricomporsi grazie alla memoria che la materia riesce a conservare, attuando un processo di distruzione e ricomposizione. Completa la mostra Red: un intreccio di sottili fili di carta, esercizio con cui l’artista ci invita a ricordare, riparare e curare la rete di fragilità a livello emotivo, fisico, biologico e politico.
Tommaso Spazzini Villa espone, invece, alcune opere della serie Ombre: nate come scatole d’ombra con lo stesso funzionamento di un piccolo diorama teatrale e come omaggio ai Teatrini di Lucio Fontana. Queste opere trovano nello spazio espositivo una nuova declinazione estesa e site-specific.
L’ombra e il rapporto col suo referente diventano il fulcro dell’opera, attraverso la creazione di immagini evanescenti e silhouettes misteriose che nascono da foglie secche: una riflessione sull’ambiguità della Natura e le possibilità metafisiche dell’illusione, un’ideale prosecuzione del mito della caverna platonica.
Accanto a questi lavori l’artista propone un video legato all’opera Autoritratti, un progetto ancora inedito di arte partecipativa svolto nelle carceri italiane nel 2018, in cui ha coinvolto quattrocento detenuti chiedendo loro di scegliere alcune parole da singole pagine dell’Odissea, così da ricomporre una frase all’interno di ciascun brano. Un’opera ricca di rimandi e significati che trovano nuove attualizzazioni, in bilico fra il tempo non misurabile del poema omerico e quello contingente e raccolto della sospensione umana. Alla radice di opere alla sola apparenza dissimili, emerge un motivo di ricerca coerente e unitario: trovare nelle pieghe del quotidiano il gesto minimo che favorisca l’incontro con un elemento attraverso il quale svelare la delicata complessità umana. Una ricerca profondamente umanistica che, coerente con il perimetro individuato per l’esposizione, resta ancorata alla realtà a cui si riferisce.

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