Antonio Donghi

Schivo e appartato, nel 1916 Antonio Donghi conseguì la licenza del Regio Istituto di Belle Arti di Roma. L’esordio si verificò nei primi anni Venti, aderendo sostanzialmente alla corrente artistica che si era venuta costituendo intorno al gruppo di Valori Plastici.  Risale, infatti, al 1922 la sua partecipazione alla XV Esposizione della Società Amatori e Cultori di Belle Arti di Roma, con il quadro Via del Lavatore.
Nel 1923, si registrò una sua prima partecipazione alla Biennale di Roma con l’opera Nudo di donna, opera alla quale possono essere accostati lavori degli stessi anni come Lavandaie e Carnevale. L’anno successivo espose alla Galleria Pesaro di Milano in occasione della mostra collettiva Venti artisti italiani, curata da Ugo Ojetti, e insieme, tra gli altri, ai colleghi Felice Casorari, Giorgio De Chirico e Francesco Trombadori.
Si viene man a mano declinando in questi anni la fama di Donghi come uno degli esponenti cardine del Realismo Magico: una corrente sia pittorica che letteraria in cui elementi magici e inconsueti sono accostati ad una visone fedele del reale, confondendo così i piani tra queste due dimensioni.
Nel 1925, Donghi portò le sue opere a Mannheim, in occasione di una mostra legata alla Nuova Oggettività, mentre l’anno successivo prese parte con dieci opere ad una mostra itinerante tra New York, Boston, Washington, Chicago e San Francisco organizzata dal Ministero della Pubblica Istruzione. Nel 1927 espose nuovamente a New York e poi in Svizzera e in Germania ed, infine, a Pittsburgh in occasione del Premio Carneige, dove ottenne una menzione d’eccellenza il Carnevale. L’anno successivo fu ancora a New York e per la prima volta alla Biennale di Venezia, portando opere come: Il circo equestre, Canzonettista e Cocottina. Gli anni Venti, già costellati di non pochi successi per Donghi, si conclusero nel 1929 con la partecipazione alla seconda mostra del Novecento Italiano alla Permanente di Milano e con la presentazione di cinque opere alla Prima mostra del Sindacato Laziale Fascista degli Artisti.
Esattamente come gli anni Venti, anche gli anni Trenta furono un rapido susseguirsi di mostre. Donghi iniziò a lavorare sempre più ai paesaggi, viaggiando soprattutto nel Centro Italia e il suo Donna alla finestra, presentato nel 1930 alla Biennale di Venezia fu acquistato dalla Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti di Firenze. Da questo punto in poi l’artista si vide prima coinvolto in una nuova mostra del Novecento italiano a Buenos Aires, poi nuovamente a Pittsburgh, e ancora a Roma in occasione della prima Quadriennale, ed infine nuovamente alla Biennale veneziana del 1932.
Anche in questi anni le opere di Donghi furono acquistate da collezioni pubbliche: la Donna al caffè (1931) dal Museo d’Arte Moderna di Ca’Pesaro, la Giovinetta (1931) dal Museo Civico di Genova ed, infine, la Figura di donna (1932) dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma.
Il linguaggio pittorico di Donghi cominciò a mutare intorno alla metà degli anni Quaranta, sia nei modi che nelle dimensioni, rimanendo comunque estraneo alla contesa tra arte astratta e figurativa che cominciò a farsi sentire sempre più durante il dopoguerra: si accentuarono, infatti, le componenti calligrafiche, a scapito della composizione complessiva dei dipinti, mentre sempre più raramente furono presi in considerazione soggetti di grandi dimensioni. Tuttavia, ciò non impedì la sua partecipazione alla prestigiosa mostra Twenty-Century Italian Art, organizzata nel 1949 al MoMA, con l’opera Caccia alle allodole (1942).
Nel corso degli anni Cinquanta, sarà costante la presenza dell’artista alle Biennali di Venezia (1952,1954) e alle Quadriennali romane (1951, 1955, 1959), e tuttavia questo periodo, che sostanzialmente si articolò tra l’inizio degli anni Cinquanta e la morte dell’artista, può essere considerato come un momento di ripiegamento.
Il suo ultimo quadro, Ritono al lavoro, fu ritrovato dai familiari nel suo studio, poggiato al cavalletto e ancora sprovvisto di firma. Pochi mesi dopo la Galleria La Nuova Pesa di Roma gli dedicò una retrospettiva, stessa cosa fece due anni più tardi la Quadriennale. 

Bibliografia scelta

  • Benzi F. (ed.), Antonio Donghi. La magia del silenzio. Roma: Palombi Editore, 2024.
  • Benedetto M. T., Antonio Donghi 1897-1967. Milano: Skira 2007.
  • Verzenassi A., Donghi in carta. Roma: Kappa, 2001.
  • Fagiolo dell’Arco M., Antonio Donghi: vita e opere. Torino: Allemandi, 1990.
  • Fagiolo dell’Arco M., Donghi: sessanta dipinti dal 1922 al 1961. Roma: De Luca, 1985.

Bibliografia scelta

  • Benzi F. (ed.), Antonio Donghi. La magia del silenzio. Roma: Palombi Editore, 2024.
  • Benedetto M. T., Antonio Donghi 1897-1967. Milano: Skira 2007.
  • Verzenassi A., Donghi in carta. Roma: Kappa, 2001.
  • Fagiolo dell’Arco M., Antonio Donghi: vita e opere. Torino: Allemandi, 1990.
  • Fagiolo dell’Arco M., Donghi: sessanta dipinti dal 1922 al 1961. Roma: De Luca, 1985.