Gerhard Richter 

Nato a Dresda, Gerhard Richter sperimentò nel corso della sua infanzia la Seconda Guerra Mondiale, la cui conclusione coincise con l’inizio del periodo adolescenziale. Dell’occupazione della Germania, Richter ricorda l’improvvisa possibilità di poter disporre di un gran numero di libri, provenienti dalle case delle classi più agiate e messi a disposizione di chiunque dall’esercito russo che occupava quelle stesse case nel corso dell’avanzata. Fu proprio questa fonte inesauribile di libri illustrati che spinse Richter a realizzare il suo primo disegno e a studiare l’arte, in un primo momento, sulle raccolte di stampe di Velàzquez, Dürer e Corinth che occasionalmente gli capitavano sotto mano.
L’interesse per l’arte inizia a concretizzarsi nelle prime sperimentazioni giovanili: paesaggi, autoritratti e copie di immagini stampate.
Nel 1947, Richter si iscrive ad un corso serale di pittura e nel 1950 viene assunto come assistente decoratore per i set del teatro di Zittau. Licenziato di lì a poco, decise di fare domanda all’Accademia di Belle Arti di Dresda, dove fu ammesso nel 1951. Nel 1961 fece domanda anche all’Accademia di Düsseldorf che, avendo un’impostazione didattica più progressista, gli avrebbe consentito di conoscere meglio l’arte occidentale. E così effettivamente avvenne nei quadri realizzati durante questi anni e in parte distrutti dall’artista stesso. Opere dipinte in uno stile ibrido, che spaziava da Dubuffet, a Giacometti, fino a Tapies. Oltre ad essere una roccaforte della pittura informale, l’Accademia di Düsseldorf sarebbe presto diventata anche il fulcro delle attività del gruppo Fluxus, e in particolare di Joseph Beuys, nominato professore poco dopo l’arrivo di Richter. Qui, la scena artistica andava ben oltre i muri dell’istituzione: esisteva una comunità dinamica di artisti, un ricco programma di mostre ed eventi che coinvolgevano anche i dintorni della città fino a Colonia e le attività si arricchivano grazie alla presenza, tra gli altri, del gruppo ZERO fondato da Otto Piene e Heinz Mack nel 1957. In Accademia, poi, Richter si unì al gruppo di Karl Otto Götz, che attirava gli studenti più brillanti ed è qui che conobbe Sigmar Polke, Konrad Fischer e Blinky Palermo.
La prima mostra di Richter, dopo quelle organizzate dall’Accademia, fu quella con Manfred Kuttner alla galleria Junge Kunst a Fulda, una città nel cuore della Germania, non lontana dalla frontiera con la Germania Est. Richter, Lueg, Polke e Kuttner inoltre esposero insieme nel maggio del 1963 in un negozio vuoto che avevano affittato all’amministrazione pubblica nel centro della città vecchia di Düsseldorf. Nell’ottobre dello stesso anno Richter e Lueg organizzarono una mostra e una performance in un negozio di mobili della città dal titolo Vivere con la Pop: manifestazione in favore del realismo capitalista.
Lo spiccato interesse di Richter verso l’attualità, la società consumistica, i media e la cultura popolare, iniziò a manifestarsi sempre di più nei quadri di questo periodo tra cui: Party (1963), Tavolo (1962), Il presidente Johnson cerca di consolare la Signora Kennedy (1963) e Stendino pieghevole (1962). Queste opere furono gli inizi di quella che si rivelerà essere la principale ricerca artistica di Richter e cioè l’utilizzo di fotografie come spunto per i propri quadri, cosa fino ad allora inconcepibile in un contesto accademico. Avendo trovato questa nuova strada da percorrere, Richter iniziò ad esplorare le relazioni tra l’immagine fotografica e la pittura, portando a termine nel 1963 anche le prime opere realizzate con la tecnica dello sfocato, tra cui Pedoni e Alster. Durante il 1964 realizzò una serie di quadri di bombardieri e intensificò la produzione di ritratti, soprattutto in bianco e nero, basati su immagini di giornali o su fotografie trovate, alcune anche di famiglia.
Nel 1964 espose alla Galerie Friedrich&Dahlem, un paio di mesi più tardi da Alfred Schmela ed infine da René Bloch che organizzò una personale.
Anche se a Richter piaceva scegliere i soggetti più disparati, sempre consapevole delle problematiche che avrebbero sollevato, era comunque più incline verso certi temi piuttosto che altri, affinità che si sarebbero rilevate nel corso degli anni a venire. Aerei militari, ritratti di famiglia (sia la propria che quelle altrui) e gruppi di persone sono i temi principali delle opere di questo periodo, come: La famiglia Liechti, Raduno e Battuta di caccia.  Come Andy Warhol con la serie dei Disastri, anche Richter rivelava a suo modo il fascino morboso che la sofferenza esercita sulla gente e lo sfruttamento di questo sentimento da parte dei media. Tutto ciò è evidente fin dalle primissime opere come: Morto (1963), Portatori del feretro (1962) e Donna con ombrello (1964). I temi della morte e dei crimini continuarono anche negli anni successivi con opere come: Zio Rudi (1965), Zia Marianne, Sig. Hevde e Helga matura (1966).
Nel 1966 iniziarono anche le mostre all’estero: prima alla Galleria La Tartaruga di Roma e poi alla city-Galerie di Bruno Bischofberger di Zurigo. Inoltre, questo fu anche l’anno dell’introduzione di una nuova arma pittorica, l’astrazione geometrica, e dell’inizio di quadri dedicati alla figura femminile, come si intuisce da Ema (Nudo su una scala). Nel 1967 presero il via anche le rappresentazioni di vedute aeree di città e villaggi come Piazza del Duomo a Milano, Madrid e Parigi.
Complessivamente, gli anni Sessanta si conclusero in modo positivo sotto diversi punti di vista. Nonostante avesse ancora dei dubbi sulla propria pratica artistica e sugli sviluppi che questa avrebbe preso, l’artista ebbe la sua prima mostra in un’istituzione pubblica nella primavera del 1969, al Gegenverkehr e.V. – Zentrum für aktuelle Kunst ad Aquisgrana, oltre a personali nelle gallerie di René Block e alla Galleria del Naviglio a Milano, oltre a collettive in Germania, Svizzera e New York.
Dalla fine degli anni Sessanta, Richter sentiva il bisogno di selezionare il materiale iconografico accumulato nel corso degli anni e di dargli una forma presentabile. Nacque così l’Atlante, esposto più volte nel corso degli anni, anche nel corso di Documenta X nel 1997. All’inizio degli anni Settanta, invece, l’artista decise di fare ritorno all’astrazione geometrica, aggiungendo l’elemento casuale nella scelta dei colori. Da questa fase nacquero opere come 192 Colori, 4 Colori, 4096 Colori, 1024 e 1025 Colori. Risalgono tra gli anni Sessanta e Settanta anche le sperimentazioni sui monocromi grigi, conosciuti semplicemente come Grigi e degli occasionali ritorni alla pittura figurativa, con temi come paesaggi e i ritratti, come quelli presentati in occasione della Biennale del 1972 (48 Ritratti, 1971-72).
All’inizio degli anni Ottanta, la pittura figurativa era tornata di moda in alcuni circuiti artistici, grazie soprattutto al movimento del neo-espressionismo (o Neue Wilde, come veniva talvolta chiamato in Germania). Negli Stati Uniti, Philip Guston e Julian Schnabel erano i massimi rappresentanti del genere, mentre in Germania i più importanti erano Georg Baselitz e Anselm Kiefer. La mostra del 1982, A New Spirit in Painting, alla Royal Academy di Londra riunì tutti questi artisti, tra cui Richter. La serie di foto-pitture più rilevante del decennio fu però 18 Ottobre 1977 (1988), un ciclo di quindici opere in riferimento al giorno in cui terminò l’avventura della Fazione Armata Rossa, si aggiunga anche Betty (1988), ritratto della primogenita dell’artista.
Dalla fine degli anni Ottanta, Richter è ormai un pittore di fama internazionale e i suoi quadri sono sempre più presenti anche nei circuiti del mercato secondario. La prima grande retrospettiva del suo lavoro viene inaugurata nel 1986 alla Städtische Kunsthalle di Düsseldorf, con tappe successive a Berlino, Berna e Vienna. Contemporaneamente, Richter iniziò il suo sodalizio con Marian Goodman a New York e con Anthony d’Offay a Londra.
A partire dall’inizio degli anni Novanta, e riprendendo alcune sperimentazioni d’inizio carriera, Richter si concentrò sugli specchi e sui vetri. Ne risultarono opere come, per esempio: Specchio, Grigio, Specchio, rosso sangue e Specchio d’angolo, verde-rosso. Nel 1992 iniziarono anche i quadri dominati da righe e griglie. Anche questo tema era stato già affiorato nel 1972 con la serie Rosso-blu-giallo e veniva ora ripreso con il ciclo di quattro opere intitolato Bach (1992), quest’ultima serie apriva la strada ad altri importanti cicli ed in particolare alla serie Cage (2006), esposta nel 2008 al Museo Ludwig di Colonia. L’anno successivo fu inaugurata una nuova retrospettiva al Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris, mentre l’artista nel corso del decennio realizzò altri importanti foto- pitture come Hahnwald (1997), Orchidea (1998), Marina (1998) e Giornata estiva (1999).
L’esigenza di conciliare il mezzo fotografico, con l’astrazione e la figurazione emerge nella serie Firenze (2000) che, richiamando alcuni lavori degli anni Ottanta, proponeva la tecnica della pittura sopra la fotografia. Il 2002 fu poi un anno importante per via della grande retrospettiva (190 opere), Forty Years of Painting, organizzata al MoMA.
Risale al 2005 l’opera Settembre, realizzata all’indomani della tragedia del Word Trade Center, mentre nel 2007 l’artista portò a compimento la grande commissione ricevuta nel 2002 per la realizzazione di una vetrata per la cattedrale di Colonia.
In occasione del suo ottantesimo compleanno, la Tate Modern di Londra, la Neue Nationalgalerie di Berlino e il Centre Pompidou di Parigi gli hanno dedicato la grande retrospettiva Gerhard Richter: Panorama (2011-2012), per celebrare uno degli artisti più prolifici dell’era moderna. 

Fondazione o Archivio di riferimento

Bibliografia scelta

  • Dietmar E., Gerhard Richter: Catalogue Raisonné, Nos. 198-388, 1968-1972. Berlin: Hatje Cantz Verlag, 2017
  • Dietmar E., Gerhard Richter: Catalogue Raisonné, Nos. 1-198, 1962-1968. Berlin: Hatje Cantz Verlag, 2011.
  • Zweite A., Gerhard Richter: Catalogue Raisonné 1993-2004. Düsseldorf/New York: Richter Verlag/Distributed Art Publishers, 2005.
  • Pagé S., Wenzel J., Springfield B., König K., Buchloh B., Gerhard Richter: Catalogue Raisonné 1962-1993, 3 voll. Berlin: Hatje Cantz Verlag, 1993.

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Bibliografia scelta

  • Dietmar E., Gerhard Richter: Catalogue Raisonné, Nos. 198-388, 1968-1972. Berlin: Hatje Cantz Verlag, 2017
  • Dietmar E., Gerhard Richter: Catalogue Raisonné, Nos. 1-198, 1962-1968. Berlin: Hatje Cantz Verlag, 2011.
  • Zweite A., Gerhard Richter: Catalogue Raisonné 1993-2004. Düsseldorf/New York: Richter Verlag/Distributed Art Publishers, 2005.
  • Pagé S., Wenzel J., Springfield B., König K., Buchloh B., Gerhard Richter: Catalogue Raisonné 1962-1993, 3 voll. Berlin: Hatje Cantz Verlag, 1993.