Vincenzo Agnetti

Vincenzo Agnetti nacque a Milano, si diplomò all’Accademia di Brera e seguì la Scuola del Piccolo Teatro, dove conobbe Bruna Soletti, sua futura collaboratrice e compagna di vita. Furono anche questi gli anni delle prime esperienze artistiche nel campo della pittura informale e della poesia, di cui purtroppo non è però rimasta traccia, all’interno di un’attività artistica che copre poco meno di quindici anni: dal 1967 al 1981.
Amico di Enrico Castellani e Piero Manzoni, per Agnetti l’arte fu un’operazione di sintesi globale e l’artista, introducendo una distinzione tra il fare e l’essere, si realizzò in una globalità in cui soggettività, coscienza e produzione sono un tutto inestricabile.
Nel 1962, l’artista, pur partendo con la famiglia per l’Argentina, riuscì a mantenere contatti epistolari con il mondo artistico milanese. Anche di questi anni non si sono conservate opere, e tuttavia questa sarà l’ultima pausa che Agnetti decise di prendere prima di dedicarsi interamente alla produzione artistica. Nel 1967, infatti, fu di ritorno in Italia, passando da New York.
Di nuovo a Milano riprese e intensificò l’amicizia con Vanni Scheiwiller, nata nel 1958. Nel 1968, con il romanzo Obsoleto, Agnetti inaugurò la collana Denarratori di Scheiwiller. La copertina fu disegnata da Enrico Castellani, una sorta di sigillo del sodalizio intellettuale e progettuale che era stato alla base di Azimuth.
Risale al 1970 Ciclostile 1, un elenco di progetti e idee firmato Agnetti che Scheiwiller pubblicò quasi clandestinamente e furono sempre dei primi anni ’70 i suoi scritti, editi da Scheiwiller, per artisti quali Fausto Melotti, Antonio Calderara, Raimund Girke, Reimer Jochims, Karl Pranti e Mauro Reggiani pubblicati su Ricerca contemporanea 1,2,3.
Nel 1967, Agnetti tenne la sua prima mostra al Palazzo dei Diamanti di Ferrara, dove espose una logica permutabile intitolata Principia: opera che concretizza visivamente la problematica della relatività dei significati nel linguaggio. Le mostre di Agnetti proseguirono: nel 1968 espose alla Galleria Visualità la Macchina drogata. Continua si intitola anche un insieme di opere che testimoniano in modo chiaro e inequivocabile la sua intenzione di introdurre il discorso critico nel cuore del circuito artistico. Si tratta di opere ottenute fotografando su tela emulsionata le pagine della rivista Domus che ospitava Copia dal vero numero primo, un lavoro pensato nel 1969 e volto a descrivere l’evoluzione-involuzione del percorso artistico.
Nel 1970, coniugando saperi che provenivano dal lavoro in Sudamerica, realizzò il Neg, opera in grado di vitalizzare il negativo e che verrà ripresa nel 1981 a New York, in occasione della partecipazione a Revolution per minute (the art record): un album musicale prodotto da Jeff Gordon e composto da 22 artisti, legati alla Galleria Feldman e tutti esponenti dell’arte visiva e concettuale. Nel febbraio 1971, in occasione della mostra intitolata Ridondanza: paesaggi e ritratti Analisi: assiomi…, Agnetti espose alla Galleria Blu di Milano una serie di feltri e di bacheliti che aprirono un filone di lavoro estremamente prolifico. Nel 1972, alla Galleria Martano 2 furono portati in mostra i Telegrammi: 14 proposizioni sul linguaggio portatile sulla parola trasmessa.
Con Off limits nel 1969, XIV-XX secolo nel 1970 e 1870-1974 nel 1974, Agnetti intervenne su quadri e affreschi antichi, di proprietà di alcuni collezionisti, realizzando opere che nel loro insieme racchiudono il lavoro di due artisti in un certo arco temporale e che mettono a confronto con lucida e scarnificata sintesi, linguaggi elaborati a distanza di secoli. E ancora nel 1978 utilizzando alcune antiche fotografie giapponesi decise di trasformarle in lavori in cui ironia e poesia sono le determinanti dell’operazione. Il tempo torna a essere il protagonista nelle Meridiane, o Tempus mentis, dove il tempo concreto rappresentato dalla meridiana che misura il percorso del sole nelle varie ore del giorno, viene messo a confronto con il tempo astratto delle formulazioni filosofiche. E Ancora, in Tempo azione, una serie di sette disegni esposti nel 1973 alla Galleria Anna Maria Verna di Zurigo, questo elemento viene visualizzato spazialmente e messo in relazione con l’azione artistica. Sempre all’interno della riflessione sul tempo si ritrovano altre opere come i Progetti panteistici, i Telegrammi, l’Autotelefonata, l’Età media di A. e Dei Mutamenti.
Nel 1972, alla Galleria Françoise Lambert di Milano, Agnetti espose Spazio perduto e Spazio costruito, opere in cui si elabora il rapporto tra lo spazio e il trascorrere del tempo. Nel 1973 finì di realizzare Progetto di un Amleto Politico: una forma di teatro statico inteso come spettacolo senza movimento, senza personaggi e senza testo.
Nei primi anni Settanta, Agnetti era rivolto a delineare con grande lucidità mentale e con un notevole sforzo concettuale, le coordinate alla base della sua operazione artistica che, alla fine del decennio sarebbero state rivisitate con un rinnovato anelito poetico. Di quegli anni sono le interminabili discussioni con gli amici che faceva entusiasticamente partecipi dei suoi progetti: i collezionisti più cari tra cui Malabarba, Bertolini e Rimoldi, il suo gallerista e sostenitore Castelli, e poi Franco Toselli, Daniela Palazzoli, Pierre Restany, Gregory Battcock, Achille Bonito Oliva, Carla Pellegrini e artisti a lui vicini quali Fausto Melotti, Mario e Marisa Merz, Alighiero Boetti.
Nel 1975 Agnetti fu di nuovo in viaggio: volge nuovamente lo sguardo a New York, dove aprì uno studio a Manhattan, iniziò la collaborazione con Ronald Feldman e strinse amicizie con altri artisti, in particolare con Shusaku Arakawa. Quello stesso anno espone alla Galleria Sonnabend di Parigi Gli eventi precipitano (1974). Il 1975 è di fatto un anno ponte, in cui emerge in lui prepotentemente la necessità di fare il punto, di riassumere lo stato della sua arte. Per questo nella sua prima mostra americana alla Galleria Feldman di New York, Agnetti si presentò con Immagine di una mostra, un’esposizione già realizzata a Milano alla galleria Castelli l’anno precedente.
La produzione artistica continuò lungo le linee di riflessione già tracciate: il linguaggio, il tempo, la comunicazione, la critica politico-sociale. Emersero opere di notevole impatto emotivo e visivo come l’Elisabetta d’Inghilterra (1976) e opere di grande rigore concettuale, quali Mass Media (1977).
Pur continuando rigorosamente la ricerca artistica in ambito concettuale, verso la fine degli anni ’70 l’anima poetica di Agnetti prese il sopravvento, si fecero sempre più rare le didascalie esplicative sul registro logico-cognitivo e il rigore mentale si stemperò in poesia: un esempio in questo senso fu Il Delitto (1977), in cui lo scritto che accompagna le foto traduce l’operazione concettuale in poesia.
Nel 1977, all’Israel Museum di Gerusalemme fu allestita Mental Installation, mostra che collegava tra loro opere prodotte tra il 1974 e il1977: Sei villaggi differenti, Elisabetta d’Inghilterra, Mass Media, Il Delitto. Nel 1978, Agnetti pubblicò con Guanda un libro di poesie intercalate a immagini di sue opere. Il titolo, Machiavelli 30, si riferiva al suo studio di Milano, al luogo connesso alla sua vita artistica, quasi un insight nell’intimo dell’artista.
Il 1980, si aprì all’insegna della scultura con una mostra intitolata Surplace, esposta da Toselli a Milano e da Feldman a New York. L’opera è costituita da quattro grandi sculture in ferro e quattro fotografie che rappresentano in un unico lavoro quattro momenti di una performance, La lettera perduta, realizzata a Palazzo Grassi di Venezia nell’estate 1979.
Nelle photo-graffie, che sono tra le sue ultime opere (1979-81), Agnetti si spinse oltre: la poesia invase anche lo stile. Si tratta di carta fotografica esposta alla luce e trattata, su cui l’artista intervenne con graffi in modo da recuperare l’elemento “figurativo”. Tale operazione rimanda ai lavori del 1974 Fotografia eseguita a mano libera e Fotografia eseguita ad occhio nudo. Il 1980 fu, inoltre, anche l’anno di partecipazione alla Biennale di Venezia, solo un anno prima della morte, che colse inaspettatamente l’artista il 1 Settembre 1981. 

Bibliografia scelta

  • Meneguzzo M. (a cura di), Vincenzo Agnetti – A cent’anni da adesso. Cinisello Balsamo, Milano: Silvana editoriale, 2017.
  • Bonito Oliva A., Vincenzo Agnetti. Milano: Skira, 2008.

Bibliografia scelta

  • Meneguzzo M. (a cura di), Vincenzo Agnetti – A cent’anni da adesso. Cinisello Balsamo, Milano: Silvana editoriale, 2017.
  • Bonito Oliva A., Vincenzo Agnetti. Milano: Skira, 2008.

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